PRESENTAZIONE

 

La ‘rappresentazione’, grafica inanzitutto, è da sempre uno dei motivi caratterizzanti le diverse epoche della civiltà. All’interno della teoria della rappresentazione il concetto di ‘prospettiva’, intesa nelle sue molteplici valenze semantiche, assume un significato particolare e di notevole attualità, paradigma dello sviluppo della scienza e dei suoi profondi rapporti con la tecnologia e l’arte.

La prospettiva nasce dalla necessità di rappresentare in modo coerente lo spazio usuale (tridimensionale) su un dipinto o in generale su una superficie piana (bidimensionale). Sono noti a tutti i quadri del medioevo e le opere dei maestri rinascimentali. Senza voler inserire parametri di gradimento, nei primi il tentativo di dare profondità all’ambiente e corpo ai personaggi  fallisce drasticamente,  sintomo della necessità di una teoria rigorosa per riuscire a realizzare ambienti complessi e strutturati. Invece in alcuni dipinti rinascimentali si nota un’estrema precisione nelle proporzioni che va ben al di là della sensibilità dell’occhio umano, sinonimo della volontà di espressione di regole ben precise riguardanti la teoria della rappresentazione.

Tale esigenza pittorica ha influenzato la scultura e l’architettura, non solo per la naturale necessità rappresentativa delle opere archittettoniche, ma anche per il suo utilizzo dal punto di vista progettuale e realizzativo, ad  esempio nella  teoria del taglio delle pietre (stereotomia). Da sempre però la prospettiva non è rimasta circoscritta all’arte. La sua codifica si è accompagnata ad una teoria matematica necessaria per capire e sviluppare certi procedimenti, ed il suo sviluppo ha avuto continuamente implicazioni nell’ambito della filosofia. L’etimologia stessa della parola ‘prospettiva’ ne lega il concetto a quello di ‘punto di vista’, mentre lo sviluppo della teoria matematica ha portato  alla ‘moderna’ geometria proiettiva, fondata sulla costruzione di uno spazio in cui trova posto l’infinito, con tutte le suggestioni che una tale descrizione può comportare.

            La storia della prospettiva è tuttora lacunosa e ricca di chiaroscuri; basti pensare che è ancora aperto il dibattito  se le sue origini si debbano ricondurre al periodo ellenistico oppure al Rinascimento. Tuttavia, proprio per le sue implicazioni con le altre scienze e con l’arte, ma soprattutto con la società civile (spesso è stata considerata come puro sapere tecnico, talvolta è stata praticamente oscurata, per poi essere riscoperta e assunta al ruolo di scienza nobile), appare particolarmente interessante come esempio per tentare di capire gli sviluppi che ha avuto la scienza nella civiltà occidentale.

            Più precisamente, intendendo con il termine ‘prospettiva’  la cosiddetta prospettiva lineare (ovvero la rappresentazione su un piano ottenuta come intersezione dello stesso piano con il cono che ha il vertice nell’occhio e la base nell’oggetto  da raffigurare), resta aperto il problema se in età ellenistico-romana conoscessero tale tecnica. Recenti ritrovamenti archeologici di grandi affreschi, confrontati con testi scientifici dell’età ellenistica, suggeriscono l’ipotesi che la teoria, specialmente le sue radici matematiche, e la pratica alla base del disegno prospettico, fossero note anche in epoca classica, per poi svanire nei secoli successivi. Quello che appare invece evidente è che in tutto il Medioevo queste conoscenze non sono presenti: le si vede nascere (o rinascere) insieme con tutte le regole matematiche relative nel ‘400.  Filippo Brunelleschi le esemplifica nelle tavolette (perdute) rappresentative del Battistero di Firenze, Leon Battista Alberti con il trattato De pictura e successivamente Piero della Francesca con il De prospectiva pingendi le codificano in modo sistematico. Nella pratica pittorica suggerita da questi maestri, le rette parallele che si allontanano dall’osservatore si vedono convergere in un punto (detto punto all’infinito), come se in quel ‘dove’ dovessero di fatto incontrarsi. L’insieme di tutti questi ‘dove’ viene rappresentato sulla tela del pittore dalla cosiddetta retta all’infinito.

   Partendo da queste costruzioni geometriche il matematico francese Gerard Desargues, contemporaneo di Cartesio,  costruisce  e sviluppa la cosiddetta geometria proiettiva, descritta al pari della geometria euclidea in maniera puramente sintetica, dove l’infinito trova una sua ben precisa collocazione.  Le potenzialità di questa nuova teoria appaiono immediatamente a Desargues, che ne mostra immediatamente le applicazioni teoriche (vedi il trattato sulle coniche) e quelle pratiche (vedi il trattato sul taglio delle pietre). Tuttavia, come spesso accade nella scienza, le sue idee vengono combattute dai contemporanei, rimanendo ‘sommerse’ nei due secoli successivi, per poi tornare prepotentemente alla ribalta nell’800. La geometria proiettiva diventa il punto di partenza di una nuova teoria che si sviluppa nel mondo ad opera della grande scuola italiana (rappresentata in particolare da Federigo Enriques, Guido Castelnuovo e Francesco Severi): la  geometria algebrica. Ironia della sorte,  la geometria proiettiva (e con essa la cosiddetta geometria descrittiva) non sono mai riuscite ad entrare in quanto ‘matematica’ nella scuola primaria, in particolare in quella italiana. Sin dall’Unità d’Italia queste geometrie sono state considerate argomenti formativi necessari solamente per una preparazione tecnica, in secondo piano rispetto alla geometria di Euclide, cui si riservava l’esclusività del ruolo formativo di ‘ginnastica del pensiero’.

Ai giorni d’oggi si registra da un lato la progressiva riduzione, che fa ormai temere una sostanziale scomparsa, dell’insegnamento della geometria nella scuola primaria e secondaria, accompagnata da un deciso taglio degli argomenti di geometria proiettiva nei corsi universitari. Dall’altro lato emerge l’esigenza contestuale di concetti fondamentali di geometria, in particolare di prospettiva, nello sviluppo delle nuove tecnologie. Moderni software dedicati all’analisi e allo sviluppo di immagini, al disegno tecnico, ai modernissimi videogiochi, sono basati sull’evoluzione delle idee esposte da Desargues nel ‘600 e trattate dai grandi geometri italiani nei primi anni del ‘900: e quelle idee e quei metodi rischiano di non venire più insegnati. Una riflessione su questi argomenti appare pertanto di stringente attualità.

Il convegno Prospettiva e geometria dello spazio tenutosi a Livorno il 30 e 31 Ottobre 2003 per iniziativa del Centro Studi Enriques, del Comune di Livorno, della Provincia di Livorno e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, con il patrocinio del Conseil International de Philosophie et Sciences Humaines dell’Unesco, ed in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, ha inteso affrontare questi temi sotto molteplici aspetti attraverso i contributi di esperti provenienti da vari settori: matematica (Giorgio Bolondi, Politecnico di Milano; Laura Catastini, SIS, Roma; Franco Ghione, Università di Roma 2; Placido Longo, Università di Pisa), storia della matematica (Le Goff, Università di Caen), architettura (Filippo Camerota, Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze), storia del pensiero filosofico (Luciana De Bernart, Scuola Normale Superiore, Pisa; Antonio Somaini, Milano), pittura (Andrea De Benedetti, Torino). Gli interventi del convegno sono raccolti in questo volume,  nell’auspicio di riuscire a trasmettere nel lettore il piacevole clima che si è respirato in quei giorni su un argomento che si pone al punto di incontro fra rami diversi della cultura e del sapere.  

Pisa,  Aprile 2005

                                                                                                          Marco Franciosi